martes, 23 de diciembre de 2014

«LA GIUDITTA» A ROMA: VITTORIA E AMMONIZIONE DEL CIELO



L’Oratorio di Alessandro Scarlatti all’Accademia Filarmonica con l’ensemble Concerto Romano diretto da Alessandro Quarta


di Simone Ciolfi

GIUDITTA CHE TIENE PER I CAPELLI ed espone la testa mozzata di Oloferne fu immagine ricorrente nella pittura barocca. L’icona del tiranno decapitato dalla giovane coraggiosa nasconde in realtà l’invito a sconfiggere le pulsioni erotiche profonde, ben incarnate da Oloferne e dalla sua bestialità. Tuttavia in quella testa mozzata c’è una forza perturbante che rimane intatta, e la musica di Alessandro Scarlatti, che toccò il tema due volte mettendolo in musica come oratorio nel 1693 e nel 1697, sa ancora comunicarci la sanguigna sensualità che si muove dietro la storia di Giuditta.
Nella forma con tre personaggi del 1697 (in quella del 1693 erano cinque), La Giuditta di Scarlatti è stata rappresentata giovedì 18 dicembre per la stagione dell’Accademia Filarmonica Romana dalla formazione Concerto Romano con Alessandro Quarta alla direzione e concertazione. Fra le arie troviamo capolavori come «Dormi, o fulmine di guerra» (ottimamente interpretata da Hilary Summers nei panni della Nutrice di Giuditta) cantata per favorire il sonno di Oloferne e, dunque, la sua decapitazione. Nella cullante dolcezza della musica, serpeggia anche, e ciò sia detto a merito di Concerto Romano che ha saputo evidenziare la molteplicità degli affetti che talvolta anima un’aria, la preoccupazione che Oloferne non si addormenti. Fortunatamente Oloferne cade fra le braccia di Morfeo e la seguente decapitazione è in forma di recitativo, un’arte di cui Alessandro Scarlatti fu sommo maestro. Infatti, sebbene la maestria dello stile recitativo di Scarlatti si registri soprattutto nelle cantate da camera, il passo in cui Giuditta vibra il colpo e «gorgogliando se n’esce tra il vino e il sangue l’anima proterva», ha scosso intensamente l’uditorio, sgretolando ogni rimanente pregiudizio sulla ‘noia’ del recitativo. Se il passo funziona così bene lo si deve anche all’ottima interprete, Francesca Aspromonte, la quale ci ha regalato una Giuditta eroica, decisa, dall’intonazione brillante e dalla dizione chiarissima (un aspetto, questo, da sottolineare anche in Oloferne, interpretato da Luca Cervoni).
All’acustica asciutta del teatro Olimpico ci vuole certo qualche minuto di abitudine, ma il pregio di questo tipo di acustica, che nulla concede al riverbero, è quello dello sguardo analitico. Si ha l’impressione di entrare nella partitura osservando da vicino gli strati sonori con cui è costruita. Certo la restituzione analitica del suono, che espone scopertamente ogni singolo esecutore, può essere un pericolo per una formazione cameristica che procede spesso a parti reali. Il pericolo è stato, però, superato senza il minimo problema, e Giuditta è andata in porto chiudendosi sulla gloriosa (e minacciosa) morale dell’oratorio: «ogn’ora spera nel Ciel, ma temi il Cielo ancora».

http://www.ilcorrieremusicale.it/2014/12/19/la-giuditta-roma-vittoria-e-ammonizione-del-cielo/

No hay comentarios:

Publicar un comentario