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Bar La Borsa – Pisa il 12.02.2017
Ciao Francesco, come stai? E’ un po’
che non ci si vede, ma seguendo il tuo percorso artistico vedo che sei in piena
attività:
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Eh si, sta proseguendo tutto bene: a
giugno e per la terza volta, vado
due mesi a Aukland e Wellington per dieci recite di Carmen, cinque per ogni città; appena prima
avrò una Traviata al Comunale di Firenze per il Maggio Musicale
Fiorentino e notizia proprio dell’ultima ora a
settembre sarò di nuovo a Firenze dove dirigerò Butterfly. Dopo aver
firmato il contratto per la ‘New Zealand Opera’ mi sono arrivate diverse
proposte interessanti da Zurigo, Cipro ed altri validi teatri, oltre alla Presidenza di un concorso, ma
capirai che ho dovuto necessariamente non accettare! Non sarei riuscito a fare
il pendolare dalla Nuova Zelanda in Europa ogni settimana! In ogni caso sono
molto onorato e soddisfatto di tornare per la terza volta in quella terra così
lontana, ma così affascinante: il livello artistico è molto interessante anche per la formazione di
tipo anglosassone che hanno; le orchestre sono paragonabili a quelle della BBC
di Manchester per esempio, dove ad un matinée nel 2011 ebbi una delle più belle esperienze della mia vita con la
direzione della ‘Seconda’ di Rachmaninov; era l’ultimo anno del Maestro Gianandrea
Noseda quale direttore principale. Un Maestro dal quale ho imparato moltissimo.
Francesco, tanto per contraddire un
detto comune, tu sei profeta in patria, ovvero ‘Pisano a Pisa, stai dirigendo
nel teatro della tua città.
·
Con una enorme soddisfazione sto
infatti dirigendo il “Cappello di paglia di Firenze”, idea del teatro Verdi di
Pisa dopo 16 anni dall’ultima volta che fu qui rappresentata nel 2001, quando
dirigeva il maestro Piero Bellugi. In
quel periodo ero al terzo anno di studio in
direzione d’orchestra (il mio primo concerto lo diressi a 18 anni). In
quella occasione andai a seguire qualche prova di quel “Cappello di Paglia” ed
ora dopo 16 anni mi ritrovo a dirigerla io in questo fantastico progetto di LTL
Opera Studio.
Francesco, uno dei motivi che mi ha
portato a Pisa per “Cappello..” è proprio questo: vedere come i giovani, e con
un giovane direttore, potevano insieme affrontare e costruire una così bella
realizzazione.
·
Opera fantastica ed anche più
difficile di quello che sembra: è come se ci fossero molte opere in una. Rota
mette insieme tanti stili, mescolandoli con ironia. Appaiono a tratti i
caratteri di Rossini e di Prokofiev, l’operetta di Hoffenbach e Strauss, con
una strizzatina d’occhio al jazz. In alcuni momenti anche il classico
cantabile del verismo italiano si fa sentire ma sempre un po’ ironicamente
sopra le righe. Ed essendo composta con vari stili, anche con l’orchestra bisogna
variare continuamente carattere, interagendo costantemente con il cast che ha
svolto un lavoro encomiabile, soprattutto se si pensa che per alcuni artisti si
e’ trattato del debutto in un Teatro di tradizione, se non del debutto assoluto
(non dimentichiamo che si tratta di opera studio). Si, il lavoro è stato lungo
e impegnativo, ma alla fine la soddisfazione ha ripagato e sta ripagando tutti.
Per questa produzione ‘opera studio’
avete fatto molte prove?
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Gli assiemi con l’orchestra sono
stati ridotti al limite, mentre il grosso del lavoro è stato fatto nelle prove
di sala con pianoforte. Gli artisti dell’Orchestra Giovanile Italiana si sono
dimostrati seri e ricettivi ed hanno dimostrato impegno, professionalità ed
entusiasmo nell’affrontare il lavoro in buca. C’è tanto bisogno di formare
giovani artisti e di farli crescere! Le realta’ come l’O.G.I. sono un ricchezza
importante per i giovani musicisti italiani. E quelli impegnati con “Cappello”
hanno affrontato una partitura gustosissima ma difficile che li ha impegnati in
un grande lavoro di reattività e di concentrazione. Lo stesso che hanno
affrontato i cantanti.
Appunto circa il cast cosa altro
ancora mi racconti?
·
Da novembre hanno iniziato a
lavorare a questo progetto: alcuni sono debuttanti, altri artisti più formati,
ma complessivamente hanno tutti ottime potenzialità. Alcune parti sono davvero
impervie. “Il Cappello di Paglia di Firenze” è poco rappresentata, eppure vanta
diverse caratteristiche oltre a quelle cui accennavi. Da quasi cent’anni in
Italia non si scrivevano opere buffe e per ritrovarne una prima di “Cappello” si
deve ritornare al Don Pasquale di Donizetti rappresentato per la prima volta
nel 1843 (con le notevoli ovvie eccezioni di Un Giorno di Regno, Falstaff,
Gianni Schicchi e Le Maschere…). Rota scrisse il “Cappello” nel 1945 anno in
cui a Reims il 7 maggio fu firmato l’atto di resa militare tedesca, quindi in
un’epoca da noi tutti immaginata tragica, povera anche nelle idee; invece ecco
che Rota dimostra che l’arte, la
fantasia e l’estro creativo non possono essere arginati. Rammento che il
compositore sempre nel periodo compose alcune colonne sonore: nel 1945 ‘Le
Miserie ‘di Monsu Travet’ film di Mario
Soldati, ‘La freccia nel fianco’ di Alberto Lattuada e “Lo sbaglio di essere vivo’ diretto da
Bragaglia, oltre nel 1943 “Il birichino di papà”, regia di Raffaello Matarazzo e “Zazà”
per la regia di Renato Castellani, tanto per ricordarne alcuni
Difficilmente si immagina che nel periodo
bellico ed immediatamente post bellico potesse esserci la voglia di
creare situazioni teatrali comiche, ma ecco che Rota smentisce fosse anche solo
per “Lo sbaglio di essere vivo” che è addirittura un film esilarante.
Come i grandi professionisti
dell’arte, in questa intervista hai umilmente parlato poco di te e molto del
tuo lavoro e degli artisti con cui ti confronti giornalmente (conoscendoti da
anni conosco bene questo tratto del tuo carattere)
Il Teatro d’opera e’
il piu’ grande gioco di squadra che la musica conosca. Questa cosa non andrebbe
mai dimenticata. Credo che questa sia l’unica strada percorribile per
rapportarsi con serietà a composizioni che hanno segnato la storia della
musica.
Carissimo Francesco so che fra poco hai una rappresentazione pomeridiana e
con l’altro cast, quindi ti lascio all’assestamento dell’ultimo momento e ti
faccio un grande ‘in bocca al lupo’ ancora per “Il Cappello” e poi per tutto
quanto seguirà e naturalmente un bacione al tuo piccolo Leone, il bimbo che da
pochi mesi rallegra la tua esistenza.
·
Grazie per gli auguri per la mia
attività che ovviamente sono sempre bene accetti e grazie per l’implicito
augurio per mio figlio, la grande tenerezza che ha dolcemente invaso la mia
vita.
Renzo Bellardone (Pisa
12 febbraio)
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