Il malore del
turista davanti alla Venere e la sindrome di StendhalSchmidt, il direttore
degli Uffizi : è successo anche con la Medusa
di Paolo Conti
È il 22 gennaio 1817
e Marie-Henri Beyle, ben più noto come Stendhal, è a Firenze. Entra a Santa
Croce e ammira quello splendore, vede le tombe di Michelangelo, Canova,
Machiavelli, scopre mille meraviglie, se ne sente sopraffatto. Scriverà nel suo
meraviglioso Roma, Napoli e Firenze: «Assorto nella contemplazione della
bellezza sublime, la vedevo da vicino, per così dire la toccavo. Ero arrivato a
quel punto d’emozione dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle
belle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una
pulsazione di cuore, la vita in me era esaurita, camminavo col timore di
cadere». Insomma, un comprensibile mancamento da Grande Bellezza: basterebbe il
Giotto della Cappella Bardi e della Cappella Peruzzi per giustificarlo. Ma
Stendhal racconterà di aver amato immensamente le «Sibille del Volterrano»
nella Cappella Niccolini («Mi hanno dato forse il piacere più vivo che mai mi
abbia fatto la pittura»).
Ecco cos’è la
Sindrome di Stendhal: un malessere da Capolavoro. La teorizzò, in un
chiarissimo e, ai tempi, rivoluzionario saggio edito da Ponte alle Grazie con
quel titolo nel 1979, la psichiatra fiorentina Graziella Magherini che osservò
ben 106 casi di turisti stranieri, nel suo lavoro all’Ospedale Santa Maria Nuova,
svenuti o presi da vertigini e turbamenti vari, tra cui panico e ansia, o lieve
depressione o inspiegabile euforia, nei musei e nelle chiese di Firenze.
Sabato 15 dicembre
un turista della provincia fiorentina si è sentito male agli Uffizi davanti
alla «Venere» di Botticelli. Era un infarto: ora sta meglio, è stato salvato da
quattro medici romani in visita, che hanno usato uno dei defibrillatori del
museo. Immediato l’arrivo del 118. Possibile che sia stata l’emozione da
Botticelli? Negli anni scorsi, come racconta l’attuale direttore degli Uffizi
(dal novembre 2015) Eike Schmidt, i malori sono stati numerosi: «Uno svenimento
ci fu all’inaugurazione delle rinnovate sale del Caravaggio di fronte alla
“Medusa”». Già lì siamo di fronte a un caso veramente spiegabile solo con la
Sindrome di Stendhal: altrimenti, perché perdere i sensi proprio di fronte alla
«Medusa», uno dei capolavori più inquietanti e, insieme, splendidi del
Caravaggio?
Racconta Schmidt:
«Nel 2016, sempre nella sala di Botticelli, un ragazzo straniero ebbe un
attacco epilettico. Era, di nuovo, proprio davanti alla “Venere” del
Botticelli. Uno degli assistenti di sala aveva ricevuto una formazione da
pronto soccorso per le immediate emergenze. Ma abbiamo avuto altri malesseri,
magari più leggeri, stordimenti...». Ma lei crede alla Sindrome di Stendhal?
«Non sono un medico, non propongo diagnosi ma so che affrontare un museo come
il nostro, così pieno di capolavori assoluti, costituisce certamente un
possibile motivo di stress emotivo, psicologico e anche fisico, per lo sforzo
della visita». Un grande museo come gli Uffizi (due milioni e 200 mila
visitatori nel 2017, e tanti saranno a fine 2018, come prevede Schmidt, per la
politica dei numeri contingentati) deve assicurare soccorsi rapidi. Spiega il
direttore: «Abbiamo due defibrillatori semiautomatici, il personale è dotato di
radio ricetrasmittenti, possiamo chiamare subito il 118».
Tutto pronto per
affrontare una Sindrome che affascinò nel 1996 Dario Argento. Scritturò sua
figlia Asia come protagonista del giallo psicologico La sindrome di Stendhal,
nei panni della poliziotta Anna Manni che sviene proprio agli Uffizi di fronte
alla «Caduta di Icaro» di Brugel. Ai tempi, Asia Argento era più timida e
riservata di oggi. Ma quello svenimento rinverdì il mito della Sindrome. Che
oggi torna alla ribalta, sempre a Firenze, Capitale della Bellezza.
https://roma.corriere.it/notizie/arte_e_cultura/18_dicembre_16/sopraffatti-bellezza-880330ae-0172-11e9-b86a-f4f8946764eb.shtml
No hay comentarios:
Publicar un comentario