Tancredi, con la sua
pittura, crea una nuova filosofia poetica per coloro che non posseggono né
telescopi né razzi: quanto fortunati noi che abbiamo tali cristallizzazioni da
trasportarci sani e salvi, verso altri mondi. (Peggy Guggenheim)
Tancredi a Venezia, 1955-56
Con oltre novanta opere, si
tratta di un’attesa retrospettiva che sancisce il grande ritorno a Venezia di
Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964), tra gli interpreti più
originali e intensi della scena artistica italiana della seconda metà del
Novecento. Tancredi è stato l’unico artista, dopo Jackson Pollock, con il quale
Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera, facendola
conoscere ai grandi musei e collezionisti d’oltreoceano e organizzando alcune mostre,
come quella del 1954 proprio a Palazzo Venier dei Leoni. Dopo oltre
sessant’anni, dunque, l’artista ritorna protagonista indiscusso alla Collezione
Guggenheim con una straordinaria selezione di lavori, che ricostruiscono in
modo intimo e capillare, tra produzione creativa ed emotività prorompente, la
parabola breve, ma folgorante, di questo grande interprete dell’arte del
secondo dopoguerra.
Partendo da rare prove
giovanili di ritratti e autoritratti e dalle prime sperimentazioni su carta del
1950-51, il percorso espositivo documenta, nella sua prima parte, la ricerca
prettamente astratta, legata alla frammentazione del segno, svolta dall’artista
feltrino nell’arco degli anni '50, periodo che segna l'incontro cruciale con
Peggy, di cui diventa protégé, e che lo porta ad avere un proprio studio a
Palazzo Venier dei Leoni. Questo significativo legame è documentato dal
consistente numero di lavori in mostra, appartenenti al museo veneziano.
L’esposizione rappresenta inoltre il ritorno in Italia di una preziosissima
selezione di opere donate dalla mecenate ad alcuni celebri musei americani: per
la prima volta, dai tempi di Peggy, sono esposti capolavori come la Primavera,
proveniente dal MoMA di New York e Spazio, Acqua, Natura, Spettacolo, oggi al
Brooklyn Museum. La grande retrospettiva non manca di documentare la produzione
artistica degli anni '60, momento di crisi e di completa revisione della
propria pittura, a cui Tancredi vuole dare un senso esistenziale e politico. Ed
è così che la vena della polemica e della tensione di quegli anni di guerra
fredda emergono nel titolo della mostra “La mia arma contro l’atomica è un filo
d’erba”, frase con cui Tancredi risponde agli innumerevoli conflitti
dell’epoca, dal Vietnam alla guerra in Algeria, alla tensione tra Stati Uniti e
Unione Sovietica. Di questo momento fondamentale nel suo percorso artistico,
sono esposti i tre dipinti della serie Hiroshima (1962). La parte conclusiva
dell’esposizione è dedicata ai collage-dipinti, eseguiti tra il 1962 e il 1963,
i cosiddetti Diari paesani e i Fiori dipinti da me e da altri al 101%, che a
ragione possono essere definiti la vera rivelazione di questa retrospettiva e
che sono da considerarsi esempi di eccezionale vigore creativo e drammatica
euforia. Sono queste opere a chiudere lo straordinario percorso, geniale e
sregolato, della pittura di Tancredi dedicata alla natura e all’uomo. Tancredi
muore nel 1964 a soli 37 anni, giovanissimo e pronto a entrare, come scrive
Dino Buzzati, nel "mito di Tancredi".
http://www.guggenheim-venice.it/exhibitions/tancredi/tancredi.html
https://youtu.be/ozieHjKEpzQ
No hay comentarios:
Publicar un comentario