Il leader di ultradestra
favorevole allo sfruttamento dell’Amazzonia
di Rocco Cotroneo
RIO DE JANEIRO Basta con la
protezione eccessiva degli indios, meno ostacoli all’agricoltura in Amazzonia,
fuori il Brasile dagli accordi internazionali sul clima. Se Jair Bolsonaro
realizzasse solo una parte delle promesse elettorali, accusano i suoi
avversari, il Brasile farebbe davvero un passo indietro di mezzo secolo,
tornando a quegli anni «dorati» della dittatura militare che l’ex capitano
dell’esercito non nega di rimpiangere.
È un nemico dichiarato
dell’ambiente e non solo, sostiene il vasto schieramento con il quale Bolsonaro
promette senza mezzi termini di «farla finita». Come quando, ancora pochi
giorni fa in una conferenza stampa, ha detto che vuole porre termine a tutte le
forme di «attivismo» in Brasile, volendo dire cioè ambiente, minoranze,
orientamenti sessuali, lotte per la terra.
Se a una parte delle
posizioni di Bolsonaro si può fare la tara della retorica da campagna
elettorale, o da deputato estremista di nicchia quale è stato per 30 anni, per
altre c’è il nero su bianco del programma elettorale. Il «progetto Fenix» per
la rinascita del Paese, «il Brasile prima di tutto, Dio sopra a tutti», propone
per esempio di abolire il ministero dell’Ambiente e incorporarlo a quello
dell’Agricoltura. Poiché quest’ultimo finirà certamente nelle mani di qualcuno
che rappresenta gli interessi dei produttori (nel Congresso di Brasilia ci sono
almeno 200 parlamentari, di tutti i partiti, che fanno parte della lobby), è
facile pensare che i fazendeiros grandi e piccoli possono già mettere le
bottiglie di champagne in frigo.
Bolsonaro non parla
ovviamente di tornare a disboscare liberamente le foreste come si è fatto fino
a qualche decennio fa, ma promette di allentare i controlli e le multe. Il che
è sostanzialmente la stessa cosa, perché già adesso in Amazzonia la capacità di
controllo su territori grandi come interi Stati europei è piuttosto limitata.
Bolsonaro ripete spesso che
in agricoltura il Brasile dovrebbe prendere esempio da Israele, dove «si
coltiva con successo il deserto» e creare una forma di cooperazione speciale
con quel Paese. Ma gli addetti ai lavori gli rispondono che come terzo
produttore del mondo e quello che più ha investito per ampliare le colture nei
climi tropicali, è il Brasile a poter dare lezioni agli altri.
Sempre in campo ambientale,
c’è la proposta di ridurre a tre mesi i termini per le autorizzazioni di
impatto. La destra vuole che si riaprano i cantieri per le centrali
idroelettriche, le quali sfruttando i fiumi amazzonici e le terre circostanti,
sono sempre a forte rischio per l’ecosistema. Gli iter di autorizzazione sono
dunque lunghi, e alcune sono state scartate. Bolsonaro vuole però anche
rilanciare l’energia solare e eolica.
Sul destino che attendono
gli storici movimenti brasiliani per aprire i grandi latifondi incolti ai
contadini «sem terra» e la protezione oggi garantita alle comunità indigene, le
parole bellicose di Bolsonaro («Finirla con tutta quella roba lì», è lo slogan
preferito) non trovano riscontri chiari nel programma di governo, ma sono forti
i timori di regolamenti privati di conti nei campi e nelle foreste, dove gli
squadroni della morte già esistono e l’impunità per chi fa fuori attivisti è
già altissima.
«Nemmeno un centimetro
quadrato in più agli indios», è una delle promesse di Bolsonaro, il quale
sostiene che le riserve sono già troppo ampie in Brasile (non è il solo a
pensarla così, a dire il vero). Nessun margine invece per i movimenti dei senza
terra, considerati da Bolsonaro eserciti clandestini comunisti, al servizio del
Pt di Lula. L’audace teoria enunciata nel programma di Bolsonaro è che «la
violenza in Brasile è esplosa, facendo oltre un milione di morti ammazzati, a
partire dalla prima riunione del Foro di San Paolo», avvenuta nel 1990. Si
tratta dell’associazione di partiti e movimenti della sinistra latinoamericana
voluta dal giovane Lula e Fidel Castro, che si limita ad una o due inutili
riunioni all’anno, ma è un’ossessione per Bolsonaro e la prova della minaccia
rossa sul Continente.
https://www.corriere.it/esteri/18_ottobre_21/bolsonaro-anti-ambientalistagiura-guerra-indios-foresta-6651f406-d560-11e8-aaed-2b3ed62ff47b.shtml
No hay comentarios:
Publicar un comentario